«Avevo scoperto di avere un problema, non pensavo di poter rimanere incinta», spiega. E invece è arrivata Paola.
Paola è nata a febbraio di quest’anno, la tournée di Inedito è finita il 16 agosto dell’anno scorso. Basta un rapido calcolo per capire che Laura Pausini, in realtà, non ha aspettato l’ultimo concerto per metterla in cantiere. «È stata una grande sorpresa anche per me. Sinceramente – oggi posso ammetterlo – non pensavo più di poter rimanere incinta senza aiuti: da anni non usavo precauzioni, e non era successo niente. Tra l’altro avevo scoperto di avere un problema, ed ero convinta di dovermi operare. Avevo programmato di farlo una volta completato il tour, invece Paola mi ha anticipato. Ha deciso lei quando arrivare, si è attaccata nell’unico punto possibile. Una specie di miracolo».
«Il nome Paola è una fusione: Pao come Paolo, La come Laura. In lizza c’erano anche Alice, Francesca, Silvia, Giulia»
Chissà che felicità, quando l’ha scoperto.
«Che stava succedendo qualcosa l’ho capito sul palco, a Perugia. Me ne sono accorta dal respiro: sentivo il bisogno di riprendere il fiato tra una canzone e l’altra. Ma chi pensava di essere incinta, dopo tanto tempo? Quando ho fatto il test mi è venuto un colpo. Ho avuto paura».
Di che cosa?
«Vista la mia situazione, sapevo che avrei dovuto stare a riposo. Ma c’erano ancora parecchie date, e tutte sold out. Fermarmi era impensabile: ne avrebbe risentito il lavoro di troppe persone, e il benessere di troppe famiglie. Non volevo dire di essere incinta, perché la mia era una gravidanza a rischio».
Il parto è stato naturale?
«No: nella mia situazione era consigliato il cesareo, e io, che ho da sempre paura del dolore, francamente ero sollevata. Ho partorito in una struttura pubblica, l’Ospedale Maggiore di Bologna, dove sono nati i miei nipoti, e dove lavorano i miei ginecologi. Paola è uscita mentre Janet Jackson cantava Again».
In sala parto con l’accompagnamento musicale?
«Si può, non lo sa? Avevo preparato una playlist, una dozzina di canzoni scelte tra quelle che mi piacerebbe fossero le preferite della bambina. Avrei voluto che nascesse durante la mia Celeste. Ma già al primo brano, Again appunto, l’ho sentita piangere. Tutti pezzi romantici: Morricone, Elisa, Giorgia, Gloria Estefan, Etta James… Pensare che in gravidanza le avevo fatto sentire solo brani non cantati».
Perché?
«Perché spero non faccia la cantante. Sarai sempre massacrato, se vuoi fare lo stesso mestiere di un genitore famoso. Se proprio desidera cantare, spero almeno che faccia lirica, o soul, o jazz, o rock, magari heavy metal: tutto ma non il mio genere».
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Perché avete scelto il nome Paola, praticamente quello del suo compagno?
«In realtà è una fusione: Pao come Paolo, La come Laura. In lizza c’erano anche Alice, Francesca, Silvia, Giulia: avevamo deciso di scegliere dopo aver visto la bambina. Solo che io, nello stordimento dei primi minuti, quel momento l’ho rimosso. Ho saputo dai miei familiari che l’avevamo chiamata Paola, dopo che il mio staff l’aveva già annunciato al mondo intero».
Fare la madre è come se lo immaginava?
«Lo desideravo talmente che è stato tutto facile. Paola vive in simbiosi con me. Non ho una tata, ma mia madre e Paolo mi aiutano tanto. Il fatto che lui avesse già tre figli, se all’inizio della nostra storia per me non era stato semplice, oggi si rivela un vantaggio. Mi fa tanta tenerezza vedere i figli più grandi che lo guardano mentre fa il bagnetto a Paola. Viviamo tra Castel Bolognese e Roma proprio per stare vicino a loro, che vogliono veder crescere la sorellina e sono dolcissimi, con lei e con me. Li amo tanto».
Ha allattato?
«Pochissimo perché, nonostante abbia tanto seno, non avevo latte. La mia ginecologa mi aveva preparato: quando ho capito che il mio non bastava, sono passata serenamente a quello artificiale. Dieci anni fa ne avrei fatto un dramma: ogni decisione mi gettava nel panico. Oggi mi sento una donna più determinata, cresciuta».
L’intervista integrale sul numero di Vanity Fair in edicola da mercoledì 13 novembre
vanityfair.it
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K bella intervista…..!