“Ho capito che non è possibile, ma io ho davvero bisogno di vederla. Fate il possibile per favore”, Andrea concluse così la sua telefonata con il tutor del programma, ma sapeva già come sarebbe andata a finire. Giulia non l’avrebbe vista! E avevano pure ragione, quelli della redazione a vietargli di correre da lei. Se avesse permesso all’istinto di guidarlo, si sarebbe sbilanciato troppo e magari avrebbe fatto trapelare più del dovuto. Andrea si conosceva bene, era solito rincorrere il buio per portarci dentro la luce. Era incuriosito da tutto ciò che era pericoloso e avventato. Ma lui, a quel punto del suo percorso nel programma, non poteva permettersi di sbagliare. Se fosse corso da Giulia, lei avrebbe capito l’importanza che aveva per lui, ma il problema è che lui non sapeva ancora bene cosa provava. Era amore? Infatuazione? E lei cosa provava? Era presa? Innamorata? Infatuata? Non vedeva l’ora? Era tutto così confuso! Lui era confuso, ma in quel momento, mentre il suo sguardo era concentrato sulla traiettoria delle gocce di pioggia, che rapide, scivolavano sui vetri del treno che lo riportava a casa, Andrea aveva davvero bisogno di Giulia. Era arrabbiato con lei però, e avrebbe voluto togliersi dalla mente i suoi occhi, magnetici, che lo costringevano a fissarli, come se non ci fosse stato al mondo, nient’altro degno di essere guardato, ma non ci riusciva e quindi si scoprì arrabbiato anche con se stesso, consapevole di essere colpevole di aver permesso che si sviluppasse in lui quasi una dipendenza da lei, dal suo odore, dal suo sorriso, che gli rendeva impossibile pensare razionalmente quando era a meno di 10 metri da quella porzione di donna dai capelli neri corvini. Ma non lo guardava quando la guardava? Non se n’era forse accorta, Giulia, che avrebbe potuto trovare la risposta a tutti i suoi dubbi , semplicemente interrogando il suo sguardo? Voleva sapere se lui era coinvolto? Bene, le sarebbe bastato guardarlo negli occhi per pochi secondi e questi ultimi, traditori, le avrebbero rivelato i segreti più reconditi.
A volte, infatti, Andrea aveva paura di quello che lei avrebbe potuto capire guardandolo. Se ne rendeva subito conto quando lei, semplicemente concentrandosi sul suo sguardo, capiva più del dovuto. Se ne accorgeva perché Giulia, prima faceva un’espressione corrucciata, impegnata nello sforzo di lettura e poi quando aveva saputo ciò che le occorreva, lo guardava con un’aria soddisfatta, quasi a volergli dire:”Tanto lo so che mi vuoi quanto io voglio te. Puoi anche non dirmelo, tanto me l’hanno già detto i tuoi occhi!”. Ok quindi lei lo voleva! E se lo voleva, perché non si era presentata in esterna? Andrea, crucciandosi su questa domanda, si ricordò di essere arrabbiato con lei e stremato dallo sforzo di capire e di trovare delle risposte al comportamento di Giulia, prese a battere la testa sullo schienale, scomodissimo tra l’altro, della sua poltrona in treno. Dovette farlo più volte, perché un signore che gli sedeva di fronte, a due sediolini di distanza, lo guardò stranito. Andrea allora pensò di dovergli una spiegazione e con aria sommessa e imbarazzata, gli disse:”No, mi scusi. Una ragazza mi ha appena dato buca, ma tranqui”. Il signore lo guardò compassionevole e dopo aver accennato un sorriso, si rituffò nella sua rivista e distolse lo sguardo. Andrea ritornò ai suoi pensieri e al suo stato d’animo atterrito di quando era entrato nello studio, dove gli avevano comunicato che si sarebbe svolta l’esterna per volere di Giulia, e invece di trovare lei, aveva trovato solo la sua lettera piena di verità e cazzate e il suo profumo. Ce l’aveva nella tasca, la lettera di Giulia. Un foglio di carta che pesava meno di 5 grammi ma che era diventato un macigno, tutto ciò che quella settimana avrebbe avuto di lei, la prova del fatto che si sarebbero mancati senza mai ammetterlo. “Ma come fai a non vedermi, Giulia?” “Come ti viene in mente di starmi lontano proprio ora che manca così poco?”. Andrea era arrabbiato e dispiaciuto soprattutto del fatto che per lei era stato semplice decidere di non vederlo. Era stato semplice, per Giulia, mettere al primo posto l’orgoglio calpestato, l’ira di essere messa da parte, solo per un secondo, mentre lui faceva a pugni contro la voglia di scendere alla prima fermata e tornare indietro da lei. Comodo uscirsene con una lettera piena, sì di cose vere, ma intrisa di retorica. Non resisté più Andrea e con un gesto quasi violento, prese il foglio dalla tasca del giubbotto e la aprì, mentre il profumo che lei, aveva spruzzato sopra, dopo averla scritta, lo colpì in pieno viso e gli ricordò che di lei, in quel momento, aveva solo quello. “Non voglio che tu conosca una Giulia che non esista“, questo recitava una parte della lettera, “Perché Giulia, tu chi sei?” “Chi ti ha detto che c’è una parte di te che non voglio conoscere? Avrei amato anche quella, se me ne avessi dato modo” e poi ancora “Finché la potenza del tuo sguardo mi darà quel motivo in più, mi troverai sempre lì per te”. Che cazzata! Se avesse davvero avuto quel motivo in più, in quel momento gli sarebbe seduta di fronte, con quell’aria da sbruffona e impunita, pronta a rinfacciargli tutto ciò che le aveva fatto passare e invece no, preferiva starsene in disparte, preferiva fare la figa, mentre lui rileggeva come un coglione, per la centesima volta, quel pezzo di carta, con la speranza di leggerci dentro, oltre tutte quelle cose vaghe, anche la certezza che lei era presa da lui, quanto lui da lei. “Buona giornata senza di me”, la cazzata più grande di tutte! Come poteva essere una bella giornata quella? Andrea ritorno su quella frase e sulla grafia scolorita che ormai rendeva difficile leggere parte di quella battuta finale. “Deve aver pianto mentre scriveva quella frase”, rifletté Andrea, ma poi con un gesto involontario si asciugò gli occhi umidi e si rese conto che non erano le lacrime di Giulia, ad aver bagnato la lettera, o almeno non solo.